Una leggenda suggestiva che merita di essere approfondita...

La Sella del Diavolo

La Sella del Diavolo costituisce una delle cartoline più significative della città di Cagliari. La sua particolare conformazione geomorfologica lo ha reso un simbolo della città e, soprattutto della spiaggia cagliaritana del Poetto.

La Sella del Diavolo, come tutto il promontorio di S. Elia, è costituita da rocce sedimentarie di età miocenica, quindi geologicamente piuttosto giovani. All’interno di questo tipo di rocce si sono formate diverse piccole grotte, che risultano essere abitate dall’uomo sin dal VI millennio a.C.

L'origine del nome del luogo deriva da una leggenda, secondo la quale i diavoli, ammaliati dalla bellezza del Golfo di Cagliari cercarono di impossessarsene.

Dio mandò i suoi angeli prediletti, guidati dall'Arcangelo Michele, per scacciare Lucifero e i suoi adepti. La battaglia fu combattuta nei cieli del golfo e ad oggi vivono ancora due teorie: la più conosciuta vuole che Lucifero, in fuga, fu disarcionato dal cavallo e perse la sua sella che si posò sulle acque del golfo che, pietrificandosi, diede origine al promontorio.

L'altra racconta che il demone, durante la battaglia, cadde sul promontorio dandogli l'attuale forma. Da qui il nome Sella del Diavolo e quello del Golfo degli Angeli. Si dice che gli angeli mandati dall'Onnipotente ancora mantengano fede al loro compito e continuino a proteggere il golfo. In prossimità del punto più elevato del promontorio (m 135 slm), si ipotizza la presenza di un tempio punico, forse un luogo di culto dedicato ad Astarte.

E’ tuttora visibile una cisterna punica, di forma allungata, dalle notevoli dimensioni: 27 m di lunghezza per 4,5 m di profondità. Non lontana è un’altra cisterna romana, dalla classica forma a sezione tronco-conica. Al periodo bizantino risalirebbe il martirio di S. Elia, che sarebbe stato ucciso, secondo la tradizione, in questi luoghi, durante le persecuzioni di Diocleziano.

L’intero promontorio porta oggi il suo nome. Nell’XI secolo tutta l’area venne affidata ai monaci Vittorini che costruirono un vero e proprio monastero e si presero cura di saline, peschiere e aree coltivabili delle zone circostanti.

La torre, ormai semi diroccata, situata nel punto più elevato e panoramico del promontorio, è da considerarsi, invece, come facente parte del sistema di difesa ed avvistamento creato dagli spagnoli nel XVI secolo; tuttavia sembrerebbe che già durante il periodo pisano fosse presente una torre, detta “della Lanterna”, con funzioni di segnalazione. In seguito la medesima torre venne denominata anche torre del pouhet, cioè del pozzetto, poiché situato nei pressi della cisterna romana.

L’intera zona sarebbe poi stata denominata “pouhet”, da cui il nome di “Poetto” attribuito alla grande spiaggia dei cagliaritani. Le torri costiere continuarono ad essere usate anche in epoca sabauda, sin quando un Regio Decreto del 1867 stabilì che non dovevano più essere considerate posti fortificati. Durante la Seconda Guerra Mondiale vennero realizzati un fortino e altre costruzioni, tuttora ben visibili. Con ogni probabilità vennero riutilizzati i materiali provenienti dalle rovine della chiesetta di S. Elia, della quale, purtroppo, oggi si può appena apprezzare il perimetro delle fondazioni.

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